venerdì 7 ottobre 2011

Pollice Nero, la Squartatrice e Amor di Broccolo: il ratto dell'Ikea

A volte una decisione lì per lì non sa di niente, non è giusta o sbagliata di per sé, lo scopri solo dopo.
Ricevo  un sms della Clodia:
Domani pomeriggio ore 14 io e l’Ale andiamo all’Ikea, vieni?
Il domani in questione è sabato e in circostanze normali ci vorrebbero un arpione da balena e un baleniere nerboruto per trascinarmi all’Ikea di sabato, in genere preferisco vivere. In questo caso però la Rinaldi, avendo appena traslocato, deve andare a comprare parecchia roba, incluso il divano, quindi mi pare giusto andare a offrire il mio sostegno, data l’enormità dell’impresa.
Decido di raggiungere lei e l’Ale direttamente là, dato che sono a pranzo parenti e non posso arrivare, scofanarmi tutto e  correre via, non è carino. E c’è sempre il rischio che mia mamma mi prenda a padellate.
Quando arrivo all’Ikea il parcheggio è sul pienino ma senza esagerare e la cosa mi rincuora; entro e chiamo la Clodia ma purtroppo non c’è campo. Mi avvio lungo il percorso, confidando di trovarle a breve; passo salotti, cucine e camere da letto, dribblando chiunque incontri sulla mia strada, neanche fossi Pelè. Dopo un po’ arriva un sms dell’Ale che chiede dove diavolo sono finita. Stringo i denti e continuo la perlustrazione e alla fine le trovo, nell’area dei giochi per bambini. La Clodia ha appena messo nella borsa Ikea un ratto grigio di peluche. Mi aggiornano sulla situazione e mentre le ascolto mi cade l’occhio su una roba verde in uno dei cestoni dei giochi che una volta estratta si rivelerà essere il peluche di un broccolo con corpo conico e pantaloni a quadretti. Un colpo di fulmine.
Le due lovarone (leggi golosastre) sono già state al bar Ikea per la merenda, quindi non ci resta che scendere al piano terra dove ci aspettano stoviglie, bicchieri e, soprattutto, le candele. Mi preparo psicologicamente alla battaglia: scendere nella fossa dei leoni con la Rinaldi, e sospetto anche con l’Ale, non sarà un passeggiata (fosse per loro comprerebbero anche i muri). Per fortuna manca la Ste che è al festival di Venezia a vedersi sette film al giorno, se ci fosse anche lei mi butterei direttamente sotto al primo carrello carico di Billy. Partiamo abbastanza tranquillamente, l’Ale vuole comprare un servizio di posate nuove, la Rinaldi cerca due ciotole per il muesli, niente di drammatico; di tanto in tanto cerco di convincere la Clodia a comprarsi un’alzatina per torte in vetro ma, inspiegabilmente, lei rifiuta nonostante le illustri i mille utilizzi di questo sottovalutato ammennicolo. Con il passare del tempo però la febbre sale e si iniziano a considerare le tovagliette da colazione, i piatti piani, fondi e anche quelli verdi giganti, fino ad arrivare al tragico momento delle lenzuola. 
Niente nelle parole della Clodia fa presagire la tragedia, non un avvertimento, non un segnale, dice semplicemente venite che dovete aiutarmi a scegliere le lenzuola; la seguiamo docili mentre passa incurante davanti a tutti gli altri colori, quelli normali, per poi fermarsi di fronte al nero.  
Personalmente il pensiero di dormire tra le lenzuola nere mi fa orrore ma per il momento taccio; però quando mi dice che non sa cosa scegliere, tra il lenzuolo con angoli grigio e quello nero, non riesco a trattenermi e osservo che sembra che stia preparando la cassa per qualcuno. Da morto. Lei ribatte che sono colori di design e io ne deduco che io non sono donna di design perché mi dovrebbero legare per farmi dormire in un letto con il sotto grigio e il sopra nero. Mancherebbero solo le corone di garofani e le candele accese. 
La Rinaldi mi lancia un’occhiataccia e ribatte Ma che colore vuoi metterci? Il letto è nero!
E questa è proprio l’ultima goccia. Io il suo letto non l’avevo ancora visto, sapevo solo che doveva andare il falegname a montarlo ma immaginavo fosse di legno, color legno. Di fronte a un letto nero con lenzuolo sotto grigio e sopra nero sono senza parole (a dir la verità, una ce l’avrei: catafalco). Alla fine però, vedendola esitare di fronte alle nostre velate critiche (anche l’Ale è perplessa ma non quanto me), le dico di non badare a noi e di prendere le lenzuola del colore che preferisce; anzi, di farlo subito, finché un abbinamento del genere è legale (prima o poi…).
E anche questa ce la lasciamo alle spalle, avanzando abbastanza spedite verso le casse; passiamo la zona tappeti e quella luci senza grossi problemi per poi arenarci del tutto inaspettatamente nella zona piante. Sempre la Rinaldi, pietra dello scandalo, se ne esce con Bella quell’orchidea, la compro! e a questo punto dobbiamo tirare una riga. Ci sono confini che non si possono e non si devono oltrepassare, uno di questi è quello che separa la Rinaldi dal mondo vegetale. Sono sempre più convinta che la Clodia sia vegetariana non perché ama gli animali ma perché odia le piante. Mesi fa, preda di un impulso malsano, le ho regalato una giovane pianta di clivia che avevo separato dalla mia. Trattasi di pianta senza particolari esigenze, a parte quelle dell’essere vivente in genere. Ho scoperto qualche mese dopo che la pianta in questione era deceduta, secondo l’assassina, inspiegabilmente. Riporto per correttezza la conversazione:
“Come, è morta? Ma se te l’ho data solo qualche mese fa? Cosa le hai fatto?”
“Ma niente, anzi l’ho curata! Un giorno che era bello l’ho anche messa fuori”
“Ma quando?”
“Boh, era dicembre”
“Ah, bene!”
“L’unica cosa è che me la sono dimenticata fuori qualche giorno”
“Oddio!”
“Dopo però l’ho sistemata vicino alla caldaia perché si scaldasse”
Rumore di testa sbattuta ripetutamente contro il muro, s’ode una voce rotta che grida Mio dio mio dio perché mi hai abbandonato!

Ora, voi capite che dopo una serie di sevizie del genere, non si può assistere senza fare niente di fronte a un’altra morte annunciata.
Era così bella...
“No, non la puoi prendere”
“Ma dai, perché no?”
“Perché non sei in grado, hai il pollice nero”
“Non è vero!”
“Ma te la ricordi la mia clivia? Per non parlare della pianta che avevi messo nel bagno senza finestre, dai, sei negata!”
“Magari stavolta va bene!”
Alla fine cedo per stanchezza e la Clodia mette l’orchidea nel carrello. A questo punto, secondo le nostre previsioni il più è fatto (che tenerezza le illusioni!) e ci dirigiamo con passo deciso verso la cassa. Il processo di pagamento è un po’ lungo ma alla fine ne veniamo fuori e ci troviamo dall’altra parte con un carrello pieno e un carrellone coperto di pacchi piatti.
Portiamo le macchine in zona carico e, a questo punto, iniziano le comiche. Abbiamo la mia macchina e quella della Rini ma i pacchi sono troppo grandi per entrambe; suggerisco di rimuovere l’imballaggio per guadagnare qualche centimetro ma strappare lo scotch a mani nude non è sport per signorine e dopo qualche tentativo ci fermiamo sconfortate. A questo punto l’Ale salva la situazione tirando fuori un portachiavi con coltellino e mettendosi a sgozzare cartoni con una ferocia degna di Whitechapel. Alzo la testa e vedo al primo piano tre tizi appoggiati alla ringhiera che guardano giù verso di noi; non posso giurare di avergli visto in mano del popcorn ma…
Poco a poco, a forza di togliere poggiatesta e piegare sedili (il tutto accompagnato dal lancio di sanguinarie maledizioni contro i produttori di automobili, di divani fai da te, e chi più ne ha più ne metta) riusciamo a farci stare tutto. Una volta pronte a partire, salutiamo l’Ale che torna a Cesenatico e la Clodia chiude il portabagagli con entusiasmo, proprio sopra l’orchidea. Non ci siamo per niente.
La strada del ritorno la percorriamo in carovana: io davanti sulla Fiesta e la Rini di dietro sull’Incudine; guardandola dallo specchietto retrovisore la vedo alla guida un po’ sbilenca ma è comprensibile, i mobili occupano buona parte dello spazio e se vuole vedere qualcosa non ha molta scelta se non fare la contorsionista. Ovviamente c’è un inizio di rientro quindi in autostrada è un po’ affollato ma, tutto sommato, ce la caviamo abbastanza dignitosamente e riusciamo a raggiungere incolumi casa Rini. La felicità però finisce lì. Sì, perché i mobili non è che volino, quindi almeno fino all’ascensore li devi trasportare, e poi dall’ascensore all’ingresso. In un paio di occasioni, proprio mentre stiamo caricando l’ascensore, questo si ribella e chiude le porte intrappolandoci nel mezzo. Dannate macchine. Quando finalmente anche l’ultimo mobile è entrato in casa e l'orchidea fa bella mostra di sè sul tavolo in terrazzo, ci guardiamo con soddisfazione: il dado è tratto.
Con questo si conclude la narrazione di un epico pomeriggio svedese/romagnolo. Non mi resta quindi altro da riportare se non il fatto che in data 30 settembre ho appreso con dolore del decesso dell’orchidea di cui sopra: in poco più di tre settimane il giovane virgulto è appassito, il fluido Rinaldi ha colpito ancora. Voci di corridoio sostengono che i produttori del Flit siano molto interessati al fenomeno.

4 commenti:

  1. Posto che i produttori di Flit sono stati gentilmente mandati a farsi un giro a quel paese dal mio direttore commerciale in quanto avevano fatto un'offerta veramente ridicola per l'utlizzo del fluido-anti-pianta-Rini, volevo puntualizzare alcune cosette:

    1) l'orchidea era fallata
    2) ho seguito diligentemente le istruzioni dell'estrema, quindi, se la pianta non ha resistito è EVIDENTEMENTE responsabilità sua
    3) gente in casa che parla lingue straniere poteva anche intervenire, ma non l'ha fatto, tanto era fallata
    4) per il tempo che è stata in vita è stata felice e libera di fare quel che voleva (l'ho vista una sera uscire con una cresta rosa in testa ed una borsetta piena di preservativi al cocco)
    5) ha avuto degna sepoltura nel bidone dell'organico sotto casaRini, con funerali ufficiali di stato, la banda, il vescovo e tutti i santi, ed il 30 settembre è stato dichiarato giorno di lutto nazionale (nella nazione delle orchidee, ovviamente).

    Vi farà, infine, piacere sapere che, proprio stamattina, ho avuto un proficuo incontro con il ninja (al secolo la signora che fa le pulizie nel palazzo ove presto la mia attività lavorativa e che, a detta di Filo Buratti, quando te ne accorgi è già troppo tardi!) che mi ha promesso un ficus e un altro vattelapesca, che ha lei stessa impiantato in 2 separati vasi e che, ci terrebbe tanto, venissero ospitati a casaRini, dove, ne è certa, avranno vita lunga e prospera.

    Naturalmente, siccome amo le sfide (ed i funerali) ho accettato di buon grado l'offerta e non vedo l'ora che me le porti, così ci saranno nuovi argomenti da affrontare nel futuro prossimo e nuovi cadaveri da seppellire.

    Aggiungo che già stamattina mi ha sistemato una bellissima...ehmmm...boh...forse una palma, forse un cocco...comunque me l'ha piazzato in ufficio dicendo che devo annaffiarlo una volta a settimana...l'ho guardato perplessa e dopo poco ho riconosciuto in lui lo stesso avvizzito arbusto che avevo restituito dopo l'inverno, privo di qualsivoglia verdume.
    Spero di non deludere le sue aspettative e riuscire a restituirlo a primavera spoglio ed esanime...come nella migliore Rini-tradizione!

    RispondiElimina
  2. Attenzione che il vattelapesca è delicatissimo!

    RispondiElimina
  3. io tratto tutti in egual modo...maleeeeeee!

    RispondiElimina
  4. Normalmente sono una brava persona...solo che uccido le piante...cosa sarà mai!??!?!
    Il presidente del consiglio fa cose peggiori!

    E poi ognuno ha i suoi hobby!

    RispondiElimina