lunedì 12 settembre 2011

Il mio regno per il figlio di un vetraio!

Con quella di stasera si conclude la rassegna Rocca in concerto che ogni anno per cinque giovedì ospita gruppi rock alla Rocca di Cesena. La rassegna avrebbe dovuto concludersi il 4 agosto ma, causa maltempo, uno dei concerti (quello di The Rose) è stato rimandato.
Ovviamente, anche in questa occasione siamo stati precettati per fornire tutti quei servizi complementari che l’organizzazione (leggi la Ste) richiede: Paolo fa il pony express per portare le pizze ai tecnici che non hanno il tempo di scendere a cenare, Rico presenta al posto dell’Albertini che piuttosto che parlare in pubblico si fa sparare in un piede, io faccio la buttafuori e oblitero l’occasionale abbonamento, oltre a correre a chiamare Otello tutte le volte che arriva qualcuno con un cane perché non si è ancora capito se e come possono entrare (alla fine entrano ma c’è sempre da sudare) e la Clodia fa un po’ il jolly, scendendo in piazza a controllare la navetta che porta su la gente, informando quelli in fila che chi ha l’abbonamento può passare avanti e domando l’occasionale folla turbolenta.
Si dà il caso però che questo sia un giovedì particolare, infatti la Rinaldi è in pieno trasloco e oggi pomeriggio andiamo da lei per darle una mano. Per offrire un quadro più completo della situazione, preciso che la temperatura si aggira sui 35 gradi e l’appartamento da sgombrare è una mansarda, vi lascio immaginare il resto.
Arriviamo armati delle migliori intenzioni e ci mettiamo subito al lavoro; la Clodia ci indica uno sgabuzzino dicendo che è da svuotare e tutto il contenuto va buttato via però, una volta tirate fuori le scatole, troviamo chilometri di nastro e carta da regalo praticamente nuovi, parecchie decorazioni natalizie ancora incellofanate e una strepitosa befana di pezza. Approfittando dell’assenza della padrona di casa, scesa a caricare scatoloni in macchina, appendo qualche decorazione in giro per la stanza; intanto Rico ha trovato due scatole di cancelleria ed è andato in estasi, in questo momento sta provando penne e pennarelli uno a uno, seduto per terra e felice come una pasqua.
Quando la povera Clodia torna, aspettandosi di trovare sacchi dell’immondizia pieni e pronti da portare alla stazione ecologica, trova sì un paio di sacchi corrispondenti alle aspettative ma, aimè, anche parecchia roba messa da parte e noi che insistiamo che è nuova e non va buttata via. La Rinaldi oppone una strenua resistenza (come tutti quelli che traslocano sanno, arriva un momento in cui non ne puoi più e daresti fuoco a tutto) ma alla fine raggiungiamo un accordo: tutto quello che è ancora impacchettato/incellofanato, lo si dona al locale mercatino di beneficienza, qualcosa lo tiene lei (poca roba) mentre io porto a casa abbastanza carta e nastri da regalo da impacchettare tutta la mia via. Ci sarebbe un altro sgabuzzino da svuotare ma, visto come le è andata con il primo, la Clodia decide saggiamente di mandarci a casa con la scusa che dobbiamo prepararci per il lavoro alla Rocca, salvo poi schiavizzare l’Umberta qualche giorno dopo.
Arrivo alla Rocca in perfetto orario (per una volta) e avvicinandomi al cancello noto che è assolutamente deserto, ancora nessuno in attesa di entrare; non mi sorprende, quando rimandi un concerto dai già per scontato che verrà meno gente, tra quelli che si dimenticano, quelli che non lo vengono a sapere e quelli che magari avevano già un altro impegno, i numeri calano sempre.
Di lì a poco compare la Clodia e, vista la tranquillità della situazione, abbandoniamo la biglietteria e saliamo verso il palco alla ricerca della Ste. Paolo è già lì e partirà a breve sulla sua fedele vespa per il servizio di consegna pizze.
Le cose procedono più o meno come sempre, salvo per il fatto che il popolo, inizialmente scarso, poco a poco si riprende e alla fine ci ritroviamo, senza sapere bene come, con una rocca quasi piena. Non mancano ovviamente i borderline: da quello che quando gli strappi il biglietto ti fa la battuta ma quando tu gli rispondi con una battuta resta lì a guardarti come uno stoccafisso, neanche avessi tirato fuori un coniglio dal cilindro, a quello che tenta di infilarsi senza pagare e quando tu avanzi verso di lui ti dice che ha bisogno di parlare con Giorgio, salvo poi  battere in ritirata dopo aver farfugliato un cognome a caso appena tu indaghi chiedendo “Giorgio chi?”
Altra grossa novità: per la prima volta nessuno ha chiamato i vigili per lamentarsi del casino. Dovete sapere che puntualmente ogni giovedì, esattamente cinque minuti dopo l’inizio del concerto (9.45, 9.50), i soliti noti telefonavano ai vigili per lamentarsi che il volume era troppo alto e nonostante i misuratori mostrassero che si era entro i limiti consentiti, non hanno mai mutato il loro modus operandi. Con tutta probabilità a salvarci dall’ennesima sgardellatura di zebedei è stato il rinvio per maltempo che ha stravolto la loro tabella di marcia. Probabilmente avevano già in agenda di telefonare per lamentarsi del casino di qualcos’altro.
Dopo aver dato il mio modesto contributo in zona biglietteria, ho deciso di godermi la vita e salire a vedere il resto del concerto. C’è voluto un po’ per trovare la Clodia e l’Ale tra la folla ma, conoscendo i miei polli, sono andata davanti. E infatti erano là, sedute sul prato a destra del palco. Di lì a poco ci hanno raggiunti anche Rico e l’Anna, dopo una rapida incursione in zona piadina salsiccia e cipolla.
E qui arriviamo a parlare del fenomeno paranormale della serata: misteriose apparizioni e sparizioni. Il primo fenomeno si è verificato dopo una decina di minuti dal mio arrivo: alzo la testa e c’è un uomo in piedi davanti al palco. Se ne sta lì in evidente estasi di fronte al gruppo, peccato che tutto il resto del mondo sia seduto e che lui non sia né snello né figlio di vetrai. C’è il dubbio che sia anche completamente sordo, se ne sta lì davanti a quattro quintali di casse che hanno la potenza di suono di una portaerei e non fa una piega! Fortunatamente è abbastanza vicino al palco da coprire solo parzialmente la visuale ma comunque…
Non abbiamo ancora finito di smoccolare contro sto tizio che ne compare un altro; due secondi prima c’era il palco e due secondi dopo solo una maglietta rossa con dentro una schiena. Il tizio in questione si accompagna a una ragazza che però si siede subito; lui invece, pur essendo chiaramente insieme a lei, rimane tranquillamente in piedi. E diversamente dal non-figlio-di-vetrai di cui sopra, che perlomeno era attaccato al palco, il nuovo arrivato è proprio a un metro da noi. A quel punto, prima di compiere atti estremi, mi sono consultata con gli altri, chiedendo se secondo loro sarebbe stato scortese alzarmi e andare a chiedergli di sedersi. Purtroppo il verdetto del gruppo è stato unanime e mi ha ridotto al silenzio. Verbale, perché il mio cervello ha continuato ad arrovellarsi: perché diavolo sta in piedi? Non è che sia più comodo. Anche dall’altra parte c’era gente in piedi ma in quel caso era perlomeno comprensibile, stavano ballando. Qui invece l’immobilità totale. Ho anche ipotizzato che fosse talmente preso dal gruppo da non accorgersi di niente, come il non-figlio-di-vetrai là davanti, ma a una seconda occhiata quello non stava neanche guardando il concerto, si stava rullando una sigaretta!
Mi sono persa per qualche minuto in queste riflessioni e quando sono riemersa mi attendeva un’ulteriore sorpresa: il non-figlio-di-vetrai era scomparso. Mi sono guardata intorno pensando si fosse spostato/seduto ma niente, non ce n’era più traccia. E qui le opzioni non sono molte:
a)      Si era rotto e se n’è andato (dato il rapimento e l’estasi con cui seguiva il concerto è poco plausibile)
b)      Emorragia dai timpani, convulsioni e collasso, seguiti da rimozione del corpo mediante barella (altrettanto poco plausibile, qualcuno se ne sarebbe accorto).
c)      Un rapimento alieno (fa troppo X-files).
d)      Attacco di diarrea fulminante e conseguente corsa verso la toilette (questa vince).
Speravo che l’evento creasse un trend, infettando i vicini (in particolar modo la schiena rossa davanti a me) e invece ciccia. Ogni tanto ci illudeva andandosi a spostare di fianco al palco (sempre in piedi ovvio) per poi tornare tristemente al suo posto.
A questo proposito vorrei aggiungere un punto al mio vademecum per maschi frequentatori di concerti (per maggiori info vedi Tacco quindici, paillettes e formaggio di fossa: Lou Reed a Sogliano sul Rubicone): se siete tra quei buontemponi che si piazzano in piedi davanti a gente seduta, prendetevi almeno il disturbo di indossare una maglia con le scritte su entrambi i fronti, almeno quelli dietro hanno qualcosa da fare e ciò li distrae dal prendervi a badilate.
Mi rendo conto di non poter pretendere che si piazzino davanti a me solo atleti con glutei scolpitissimi e schiene di ampiezza autostradale, fasciati in abiti seconda pelle, ma perlomeno venitemi incontro!
Nel frattempo, mentre io mi trastullavo con le mie considerazioni, sul palco si stavano creando le condizioni per il disastro: la cantante del gruppo faceva salire due bambine sul palco.
Da dove comincio? I bambini sul palco durante un concerto rock ti fanno sorridere i primi due minuti, dopodiché sono di troppo. E soprattutto, una volta fatti salire non ci sono garanzie che accettino di scendere, soprattutto se i loro genitori si guardano bene dal venirli a prendere a fine canzone, salvo poi denunciare a destra e a manca nel caso i giovani virgulti: a) cadano dal palco, b) inciampino in uno dei novemila cavi elettrici che ci sono e (vedi a), c) vengano calpestati da uno del gruppo preso dalla performance e non avvezzo ad avere intorno a sé roba sotto il metro di altezza.
Abbiamo guardato con preoccupazione l’Albertini che si avvicinava al palco tentando invano di convincere le virgulte a scendere; di genitori neppure l’ombra, neppure quando la cantante ha ringraziato le bambine in quello che era inequivocabilmente un gesto di congedo. Solo parecchi minuti dopo una mamma si è fatta avanti per far scendere le due gigine e ho scoperto in seguito che Paolo, avendola individuata, era andato da lei a chiederle d’intervenire. Altrimenti forse sarebbero ancora là.
Risolta anche l’ultima emergenza, si sono fatte le 11.45; il gruppo ha iniziato a congedarsi, salvo poi rientrare come previsto su richiesta dei molti fan. Peccato però che quello che doveva essere il pezzo finale si sia trasformato in un altro quarto d’ora di concerto.
Dalle nostre parti ormai anche i muri sanno che, in caso di concerti dal vivo, devi chiudere baracca e burattini entro mezzanotte, pena sanzioni, scudisciate e marchiature a fuoco. È quindi con una certa preoccupazione che abbiamo seguito la Ste mentre si avvicinava al palco facendo segni al gruppo. Onde evitare fraintendimenti vorrei precisare che la preoccupazione non era per lei ma per i membri del gruppo. C’è voluto qualche minuto perché l’effetto dello sguardo Albertini (quello che fonde il metallo e secca le piante) raggiungesse tutti i membri del gruppo, quindi la serata si è conclusa con ben cinque minuti di ritardo. Sono lieta di poter affermare che non sono state riportate vittime tra gli artisti.




Questo articolo è stato scritto per la rubrica l'Angolo dell'Estrema Riluttanza su stonehand.it: http://www.stonehand.it/wordpress/?cat=271

3 commenti:

  1. C'è da ammettere che i tuoi pacchetti, dopo il Clodia-trasloco, hanno avuto una spinta verso il tragical-chic non indifferente!

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  2. Per il prossimo anno voglio proporre all'Albertini, a mio totale rischio e pericolo, cover band composte da sciucarén...un successo assicurato. (secondo me il sindaco prolunga il permesso fino alle 2!)

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