giovedì 28 aprile 2011

Quella volta dalle parti di Stoccolma - 2a parte


Una delle cose belle dell’ostello è che quando scendi per fare colazione vedi le cose più strane: dalla famiglia che consuma ettolitri di succo di frutta e cracker con strani paté, alle giapponesi che mangiano i tagliolini in brodo, ai due anziani che preparano una sbobba premasticata tipo porridge, fino a quell’italiana che essendo avanzato un po’ di gorgonzola dalla sera prima fa colazione con tè senza zucchero e pane e formaggio. Non ci si annoia.
La città è molto bella e il tempo è stato assolutamente splendido, abbiamo percorso chilometri e chilometri spostandoci da un’isola all’altra. Noi ovviamente sempre combattendo con cappotti sciarpe, berretti ecc, gli oriundi invece ci sbeffeggiavano  in maniche di camicia, canottiera e sandali senza calze. Il picco massimo è stato raggiunto in un parco dove la sottoscritta si è abbassata la zip del giaccone (solo fino alle spalle) fissando incredula due giovinette locali IN BIKINI.
Ovviamente non poteva mancare la puntatina nei negozi di roba usata, dove la roba usata costa come roba usata perché è roba usata e anche se la chiami vintage resta roba usata e quindi non la fanno cadere dall’alto come da noi.
In uno di questi negozi una signora che avrà avuto almeno 75 anni mi ha venduto tre libri e un dvd parlandomi in inglese. Ma quanto sono avanti?!
In una delle nostre escursioni siamo arrivati sull’isola che ospita il museo di Pippi Calzelunghe, eroina nazionale; l’ingresso del museo era facilmente individuabile grazie alle decine di passeggini parcheggiati con la massima fiducia lì davanti. Per il ritorno abbiamo scelto di prendere il traghetto e ci siamo ritrovati circondati da un’orda di bambini, alcuni dei quali oltre a fare un casino inimmaginabile rilasciavano flatulenze pestilenziali da cui non potevi fuggire, intrappolato com’eri su quella maledetta barca. Non lasciate che i pargoli vengano a me, grazie.

Non sono mancate le pause di riflessione al bar, i birrini e le patatine e a tal proposito mi permetto una riflessione: i camerieri svedesi non ti si filano neanche a morire; il loro punto di vista sembra essere che se proprio ti va di bere o mangiare qualcosa puoi anche muovere le tue gambette e andare al bancone a ordinare. Concordo con la tipa svedese della guida che diceva che loro non sono tagliati per l’accoglienza; sono cortesi ma si vede che quei cromosomi lì non li hanno. Nella stessa situazione un cameriere italiano sarebbe venuto al tavolo con un “ciao ragazzi, oggi si ordina al bancone quindi se vi va di prendere qualcosa venite pure là”. Stesso concetto ma esperienza totalmente diversa. In questo siamo più avanti noi.
Un capitolo a parte va dedicato alle patatine nel sacchetto. Come sa chi ha avuto occasione di provare le patatine Ikea, ci sono patatine e PATATINE. Le patatine italiane spesso hanno la minuscola, quando va proprio bene si beccano un sei e mezzo, se escludiamo quelle che costano come il prosciutto di Parma.
Anche a Stoccolma ci sono di varie qualità ma quelle buone sono BUONE e le altre sono mediamente meglio. Consiglio le Svenska Lant Chips striscia rossa. Il fegato ci metterà un po’ a riprendersi da questa full immersion nel tubero fritto ma non rimpiango neppure un sacchetto.
Avrei voluto andare al cinema e provare l’ebbrezza del film in lingua originale sottotitolato in svedese ma non ce l’abbiamo fatta, sarà per la prossima. Aggiungo che se vuoi andare in bagno dentro il cinema devi portare con te il biglietto perché per aprire la porta della toilette devi avvicinare il biglietto al lettore di codice a barre che sblocca la serratura solo dopo aver identificato il tuo biglietto. Ma quanto sono avanti?

Fine seconda parte

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